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Perché si parla di educazione?

Immagine del redattore: Miriam CoppolaMiriam Coppola



Mi sono resa conto che con il termine educazione la maggior parte delle volte si intende un complesso di norme e suggerimenti che facciano vivere bene l’individuo nella propria società.


Ma andiamo per gradi, iniziamo proprio dal termine educazione ripreso dal dizionario Treccani, penso sia fondamentale andarle a cercare nel dizionario proprio perché è un punto di riferimento per la società e in questo caso lo sarà anche per noi.


Educare: v. tr. [dal lat. educare, intens. di educĕre «trarre fuori, allevare», comp. di e-1 e ducĕre «trarre, condurre»] (...). – 1. In generale, promuovere con l’insegnamento e con l’esempio lo sviluppo delle facoltà intellettuali, estetiche, e delle qualità morali di una persona (…) 2. a. Sviluppare e affinare le attitudini e la sensibilità, in modo assoluto o dirigendole verso un fine determinato, (…). 3. poet. Allevare, far crescere (…).


Mi sono permessa di evidenziare le parole che secondo me sono importanti per capire cosa in realtà significhi educare.


In questo specifico caso prenderemo in considerazione l’Educazione all’interno dell’ambiente scolastico, essendo il mio campo di studio.


Molto spesso il termine educare viene confuso con il termine insegnare, mi sembra giusto anche in questo caso leggere cosa ci dice il dizionario Treccani.

Insegnare: v. tr. [lat. *insĭgnare, propr. «imprimere segni (nella mente)», der. di signum «segno», col pref. in-] (…). – 1. a. In genere, far sì, con le parole, con spiegazioni, o anche solo con l’esempio, che qualcun altro acquisti una o più cognizioni, un’esperienza, un’abitudine, la capacità di compiere un’operazione, o apprenda il modo di fare un lavoro, di esercitare un’attività, di far funzionare un meccanismo (…) ha spesso il sign. particolare di far conoscere o far apprendere a memoria parole, frasi, brani di prosa o di poesia, preghiere, pezzi musicali (…) b. In senso morale, far contrarre a una persona, con discorsi, con l’esempio, con la persuasione (…) non ti hanno insegnato che bisogna salutare? (…) 2. a. Comunicare il sapere, guidare nell’apprendimento (…) b. Usato assol., dare lezioni in una scuola oppure privatamente, esercitare la professione d’insegnante (…).


Anche qui mi sono permessa di evidenziare delle parole chiave e troviamo subito delle differenze.


Con educare si parla di trarre fuori con insegnare imprimere segni, far apprendere a memoria.


Perché all’interno dell’ambiente scolastico non si parla di educare ma di insegnare? Perché non incoraggiamo lo sviluppo delle capacità di una persona? Perché non privilegiamo l’unicità di ognun_?


La risposta penso di averla ma non la condivido, insegniano sempre e solo le stesse cose perché è più semplice. È più semplice dire a tutt_ le stesse cose, usare lo stesso tono, usare le stesse parole, omologarl_ invece di trovare delle alternative e riscoprire quale metodologia sia più adatta ad una persona invece che ad un’altra, poiché non siamo tutt_ uguali.


Prendiamo in esempio un mio caso personale: alle scuole medie avevo delle docenti con atteggiamenti dittatoriali, ovviamente in quel momento non lo sapevo, pensavo che il loro metodo di insegnamento era giusto perché mi facevano studiare, al giorno d’oggi ho capito che il loro metodo mi faceva studiare solo perché avevo paura. Con questo atteggiamento io sono riuscita a trasformare la paura in studio ma molti miei compagni si sono lasciati travolgere dal timore e non riuscivano più a studiare, abbandonando così gli studi.


Questi sono gli/le insegnanti che dovrebbero aiutarci?


Nell’ambiente scolastico è l’adulto, l’insegnante, che assume un ruolo indiscutibile, non si domanda mai se questo è il metodo giusto, se sta sbagliando, l’importante è terminare quel programma tanto temuto da student_ e insegnanti.


Dopo la terza media la maggior parte degli/delle student_ lasciano la scuola, penso sia normalissimo come voler continuare a stare in un luogo che non ha fatto altro che reprimerli?


Perché la scuola fa questo: reprime ed omologa.


Se ci fosse una scuola che educasse, la persona potrebbe progettare il proprio apprendimento in modo libero e autonomo, gli/le viene riconosciuta la piena capacità di scelta e l’esperienza farebbe da perno principale. La persona impara secondo i suoi ritmi e i propri interessi, non è costrett_ ad acquisire informazioni stabilite da un ente superiore, chiamato insegnante, ma gli/le vengono mess_ a disposizione materiali didattici capaci di incoraggiare il suo interesse; ha l’opportunità di lavorare nel luogo in cui si sente più a suo agio, vivendo la totalità degli spazi, a condizione di non disturbare gli/le altr_.


L’ambiente e il metodo incoraggiano l’autodisciplina, non c’è nessuna necessità di sgridare e l’errore è identificato come una nuova possibilità di riflessione e rielaborazione per arrivare ad una auto-correzione.


C’è bisogno di una scuola che educhi, che valorizzi e riconosca i talenti di ognun_, che lasci liberi gli individui di sperimentare ed esprimersi.




Foto: Accademia Svelata 2022, Laboratorio Sen(tir)si - distanti ma vicini di Giovanna Erbetti
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